“Backstage” è la mia nuova rubrica. Uno spazio volutamente anti-performativo: più intimo, più lento, più vero. Racconterò la mia vita e il tentativo di far diventare la scrittura la mia unica entrata, senza capi né editori. Dentro ci troverete pensieri scritti di getto sulle notizie del giorno, libri che mi passano per le mani, musica che mi tiene in piedi. È come se aprissi la mia Moleskine, o le note del telefono. Dal 1 Gennaio diventa a pagamento. Esce ogni giorno.
Da dopo tutto il casino con la Holden ho smesso di dormire la notte.
Ho sempre avuto un rapporto complicato con il sonno, ma da Febbraio avevo trovato un equilibrio grazie alla melatonina. Riuscivo ad addormentarmi entro l’una e a svegliarmi verso le sette e mezza. Un traguardo, insomma. Da luglio però, complice anche qualche situazione familiare che non voglio citare, ho ricominciato a non dormire. Come se la notte fosse tornata a spaventarmi. Sono fisicamente stanca, ma la testa non si spegne e passo il tempo a fare stimming o a cercare di calmarmi, ma diventa frustrante. Da una decina di giorni la situazione è peggiorata perché mi addormento intorno alle cinque o sei del mattino.
Mi dicono “perché non fai attività fisica, così ti stanchi?” Ma la faccio già: una o due ore di palestra ogni giorno, tranne la domenica. Dopo il cappuccino del mattino non prendo altra caffeina e ora che il CBD è stato reso illegale, anche quello non posso più usarlo, e la melatonina ormai non mi fa più effetto perché ho sviluppato assuefazione.
Ho sempre avuto difficoltà a parlare della mia salute mentale, perché ogni volta che l’ho fatto (anche in privato) mi si è ritorta contro. Nei momenti di rabbia, mi sono sentita insultare con frasi pesanti sulla mia diagnosi psicologica. Sì, anche da persone che in pubblico parlano tutto il giorno di quanto sia importante la salute mentale, l’amore per sé e la cura di sé (forse ne parlerò più avanti, quando smetterò di averne paura). Così, piano piano, ho smesso di parlarne. E in generale ho smesso di dire che non sono una persona neurotipica, anche se il termine non descrive perfettamente la mia condizione. Lo stesso vale per “abilismo”, che non rende bene la discriminazione verso chi vive una condizione psicologica.
C’è stato un periodo, tra il 2014 e il 2015, in cui la diagnosi di “disturbo borderline di personalità” generava un’attenzione morbosa, quasi pop. Oggi, nel 2025, prendete la stessa fascinazione con cui si parla di ADHD o di autismo in modo glamour e appiccicatela al DBP.
Le persone con questa diagnosi, che in sostanza indica una frammentazione dell’io, un’incapacità di integrare la propria personalità, con conseguenti oscillazioni d’umore, condotte autolesive e altro (non sono il DSM, eh), sono tornate di colpo a essere “le cattive”.
Specifico che oggi non rientro più clinicamente nei parametri del DBP: non ho più sintomi tali da giustificare la diagnosi ma resta il fatto che la mia condizione psicologica e psichiatrica è fragile. Continuo a soffrire di disturbi alimentari, sono in terapia, e nei momenti di forte stress - come quest’estate - sentivo la mia psicoterapeuta due volte a settimana. Ho anche una comorbidità con il disturbo ossessivo-compulsivo ma fortunatamente da Settembre sono passata da tre farmaci al giorno a uno solo, un SSRI al mattino.
Eppure, per lo stress o per qualcosa che ancora non capisco, ho dovuto ricominciare a prendere benzodiazepine tre volte al giorno da un paio di giorni. Solo per un periodo breve per carità (e fortunatamente, parlerò più avanti del mio rapporto con le benzo), finché in terapia non capiamo cosa mi tiene così tanto in allarme.
Perché sto raccontando tutto questo? Perché qui voglio essere onesta.
O almeno provarci. Non potrò mai avere le performance lavorative di una persona neurotipica (che poi, diciamolo, sono inarrivabili per chiunque), perché spesso starò male, anche per giorni, e non riuscirò a reggere. Quando succede, sparisco dai social perché ho bisogno di staccare.
Scrivere, nei miei tempi - che ormai sono parentesi tra un malessere e l’altro - è la mia unica fonte di guadagno.
Ognuno è diverso. Io semplicemente ho esigenze molto specifiche (ne parlerò meglio più avanti, ora basta col piagnisteo). A 32 anni sto ancora cercando la mia dimensione, dopo più di dieci passati a inseguire uno standard e a sentirmi in colpa per non essere fatta in quel modo.
Parliamo piuttosto di cose che ho visto online e che hanno destato la mia attenzione:
Forse non sono riuscita a spiegarlo nel modo più chiaro: il punto per me interessante non è cosa si siano dette o detti le persone che in questo paese fanno divulgazione, nei loro spazi privati. Non mi interessa stabilire un’asticella morale su cosa si possa o non si possa dire in privato. Quello che volevo - e forse non ci sono riuscita, nonostante le migliori intenzioni - era raccontare un fatto di cronaca con una sua sequenza precisa di eventi, che è importante conoscere.
A Gennaio, Valeria Fonte, Carlotta Vagnoli e Benedetta Sabene sono state perquisite nelle loro abitazioni. Sono stati sequestrati computer, telefoni, agende (link di recap).
A Ottobre si sono chiuse le indagini e le due ipotesi di reato sono state confermate. Qui ci tengo a sottolineare una cosa fondamentale: non serve aver studiato giurisprudenza per capire come funziona questo meccanismo, e francamente anche chissenefrega dei titoli accademici. Dovrebbe interessare a tuttə, perché viviamo in una società dove certe cose possono riguardarci direttamente o riguardare chi ci è vicino.
Quando denunciamo un fatto, stiamo raccontando una sequenza di eventi supportata da materiale che li testimonia. L’avvocato redige una lettera con l’ipotesi di reato e chiede al P.M. di indagare. Da lì partono le indagini. Se durante l’indagine l’ipotesi non trova riscontro, il procedimento viene archiviato. Se invece viene confermata, allora si passa alla fase successiva, quella processuale. I fascicoli delle indagini sono pubblici. Il primo a parlarne è stato Domani, prima ancora di Selvaggia Lucarelli – pensa un po’. Quindi no, non stiamo parlando di gossip o di fughe di notizie misteriose: si tratta di documenti accessibili, che chiunque può consultare (con una motivazione, certo, ma non sono secretati). È ovvio che chiunque abbia più chat di gruppo, anche con le stesse persone – amiche intime o meno. Ma il punto è che in alcune di quelle conversazioni non solo emergono elementi che confermano le ipotesi di reato, ma anche dinamiche di potere e condotte vessatorie interne a una parte del mondo progressista. Tutto qui.
Come ho già detto: il privato diventa pubblico quando serve a mostrare una dinamica di potere. Io mi sono limitata ad analizzarla, come faccio sempre nei miei spazi. Non ho nominato nessuno al di fuori delle tre persone effettivamente indagate.
E’ successa una cosa gravissima il giorno di Halloween e ne stiamo parlando davvero fin troppo poco:
Parlerò partendo da questa vicenda (e altre capitate negli ultimi anni) del mondo della cultura rave, movimento che è parte della mia identità politica, ora mi sembrava doveroso dirvi che è successo.
In ultimo vi lascio con l’ultima riflessione di che devo ancora ben sedimentare dentro di me prima di poterne parlare.
La sua tesi di laurea che ho letto fin troppo volentieri, la trovate dentro il suo ultimo post:
Questo argomento che si può essere cattive persone pur condividendo i parametri etici e morali della società, mi fa soffrire fin troppo per via di un brutto episodio che mi è successo un po’ di tempo fa.
Ho ancora bisogno di fermarmi, leggere, informarmi, capirmi e capire.
Ultima riflessione che vorrei approfondire più avanti è questa:
Link del profilo del suo autore
That’s all folks gente ci sentiamo domani e nel frattempo ascoltatevi questo:
“Backstage” è la mia nuova rubrica. Uno spazio volutamente anti-performativo: più intimo, più lento, più vero. Racconterò la mia vita e il tentativo di far diventare la scrittura la mia unica entrata, senza capi né editori. Dentro ci troverete pensieri scritti di getto sulle notizie del giorno, libri che mi passano per le mani, musica che mi tiene in piedi. È come se aprissi la mia Moleskine, o le note del telefono. Dal 1 Gennaio diventa a pagamento. Esce ogni giorno.









Ciao Kants,
Premesso che in fondo siamo delle estranee e non sono fatti miei le tue scelte e che ti faccio comunque tanti auguri per qualsiasi attività deciderai di intraprendere, c'è una cosa che voglio scriverti: da quello che ho osservato di te in questi mesi, credo che l'online non ti stia aiutando a stare meglio. È un'impressione molto forte che ho iniziato a sentire a un certo punto. Capisco che sia lo spazio che più ti ha fatto sentire ascoltata e riconosciuta. Però non è mai a senso unico, né è qualcosa valido per tutto o che dura per sempre ed è uno spazio che può veramente portare a peggiorare i sintomi di qualsiasi cosa uno si porta dietro. Social o non social. Per favore, fai attenzione.