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Avatar di Ilariaracconta

Ciao, capisco la tua frustrazione e senso di impotenza di fronte all’incapacità di vedere la coerenza in ciò che viene professato. Il femminismo è una pratica complessa che si sta costruendo come narrazione giorno dopo giorno.

Il problema non è il movimento, ma chi lo utilizza verbalmente per scopi personali.

Non c’è un modo giusto di essere femminista. L’importante è esserlo e basta.

Poi le cagate le facciamo tuttə.

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Avatar di Irene Effe

Mi son ritrovata tantissimo nelle tue parole ("non sono cresciuta sentendomi sbagliata: mi ci hanno fatta sentire").

Quando ho iniziato a leggere autrici femministe, a frequentare ambienti che parlavano di violenza di genere ma ANCHE a seguire influattiviste sui social, mi son sentita meno sola e soprattutto meno sbagliata.

E, attenzione, ci stiamo dimenticando di una parte importante: seguire delle persone che parlano e si mostrano su una piattaforma digitale e quindi appoggiare i loro discorsi e ritrovarsi nelle loro parole (con, a seguito, tutti quei termini cari al social media marketing tipo "generando interazioni e incrementando l'engagement") vuole dire star consumando e quindi star "comprando" il loro prodotto (o il loro brand, se vogliamo sempre metterla in termini di marketing).

E' implicito, sempre, il consumo quando si tratta di contenuti digitali. E, come tu scrivi, siamo noi ad averlo "fomentato" e costruito assieme. E non penso che sia sbagliato, anzi. Sarebbe da bigotte dire: eh, ma l'attivismo si fa solo in piazza. Lo schermo è una delle nuove piazze e lo schermo è uno dei nuovi generi "testuali" che informano persone che, per mancanze di tempo o mancanza di risorse, non possono fare altrimenti.

Io penso che qui ci sia un problema importante con la polarizzazione morale (lo scrivo perché succede spesso anche a me): non sappiamo se quello che diciamo o pensiamo sia giusto o sbagliato, non sappiamo se stiamo facendo bene o male, non sappiamo se siamo degne dell'etichetta oppure no. Ma perché? Forse perché la nostra generazione di donne (parlo della mia, sono del 91) ha scoperto tardi che la maggior parte delle esperienze traumatiche che abbiamo avuto dipendevano da una struttura egemonica volta a trattarci come "sì, ma avete dei diritti chiaramente, ma comunque siete sbagliate" (quindi, "questo non è stupro, questo non è sessismo, questo è uno scherzo").

Una volta capito che c'erano altre donne che, come noi, avevano subito le stesse cose e che non si sentivano più tanto impotenti, ci siamo gettate immediatamente dentro al gruppo. Perché? Perché, la maggior parte delle volte, il femminismo sana.

Ma cosa succede, appunto, quando diventa un prodotto brandizzato che ti da delle direttive certe di cosa devi e non devi fare? Ti senti di nuovo sola. Ti senti di nuovo sbagliata.

Non so dove sto andando a parare, potrei continuare a scrivere per ore (e ripeto, è solo un pensiero, una riflessione).

Comunque sia, grazie mille per questo pezzo. Mi è piaciuto tantissimo.

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